Ripartire dalle ferite per lo sviluppo del quartiere

 

Quando alcuni giovanissimi della comunità vengono arrestati e tradotti in carcere con accuse molto gravi, una Comunità Educativa viene ferita ed ha la responsabilità di interrogarsi e di riflettere. Fermo restando la condanna per le gravi azioni imputate, la questione verte sulle alternative concrete da proporre ai giovani. Ne abbiamo discusso  durante l’agorà sociale al Redentore insieme al Questore di Bari, il dott. Carmine Esposito e l’avv. Michele Laforgia, impegnato nella giustizia penale anche nella difesa delle vittime di mafia. Un incontro che ha aperto gli occhi su un fenomeno antico e molto diffuso nelle periferie non solo urbane ma sociali e che coinvolge anche i ragazzi della “Bari bene”.

Certo ove c’è dispersione scolastica e disoccupazione giovanile, il degrado cresce e la criminalità organizzata miete le sue leve tra i giovanissimi. In un contesto in cui una larga fetta della popolazione vive in condizioni di emarginazione economica, sociale e politica, la criminalità organizzata svolge dunque, per dirla con le parole del giudice Alfonso Lamberti, “due importanti funzioni di regolazione sociale: 1) assicurare le aspettative di lavoro, di carriera, di promozione; 2) operare il controllo della potenziale conflittualità dei soggetti e dei gruppi sociali esclusi dall’accesso diretto alle opportunità legittime”. Questo meccanismo perverso, governato dalla paura e dal profitto, va interrotto non solo con la repressione ma con un’azione preventiva fondata su un  patto educativo che veda coinvolti le istituzioni democratiche, le associazioni, le aziende, i cittadini interessati al bene e alle sorti dei giovani, presente e futuro di ogni comunità.

C’è bisogno di un’azione collegiale e comunitaria di tutti i soggetti pubblici e privati interessati alla questione giovanile. Questo significa realizzare insieme un patto educativo che preveda un programma di sviluppo dei quartieri, come il Libertà, che spazi dalla riqualificazione urbanistica ed edile, alla promozione sociale, educativa, lavorativa e che abbia al centro la persona del giovane.

Farsi carico della questione giovanile segna la maturità di una società civile perché riconosce la dignità a chi in questo momento è il più esposto ai pericoli della vita. È possibile costruire insieme questo patto educativo?

 

 

don Francesco Preite

direttore