1) Cosa pensa del welfare in Italia? E quale proposta per rilanciare le politiche sociali in Italia in tempo di crisi? Penso che il modello di welfare che abbiamo conosciuto per tanto tempo si basava su uno schema molto forte di offerta pubblica di risorse e di servizi ed è andato in crisi strutturale. Quindi dobbiamo allenarci a sperimentare nuove modelli di Welfare. Che non significa che il pubblico non ci deve essere più, ma significa che il pubblico ci deve essere in modo diverso da prima.
2) Le politiche sociali della Regione Puglia favoriscono coesione e sviluppo sociale? Lei che ne pensa?Penso che la Regione Puglia sia una delle regioni migliori, almeno di quelle meridionali, ma penso chedebba fare molto di più di quello che fa.Perché oggi è diventato noioso parlare del Mezzogiorno, è un equivoco o è un dato di fatto? È un dato di fatto perché riproponiamo il problema sempre con gli stessi termini e senza una proposta politica convincente, quindi bisogna aggiornarsi.
3) Alla fine del terzo capitolo del suo libro, lei dice che “nel terzo settore (…) vi sono figure interessanti per costruire una nuova giovane classe dirigente”. Cosa intende dire? Il terzo settore, complessivamente nel panorama delle forze sociali, degli ambienti, dei gruppi dirigenti è sottovalutato rispetto a quanto è forte. Questo è il mio giudizio. Naturalmente non mi tizzo nel senso che anche nel terzo settore vi sono delle zone che andrebbero migliorate. Ma resto dell’idea che sia una leva importantissima per il nostro Sud.
4) Più volte nel suo libro, usa il termine “politica”, tra le tanti frasi quella che più mi ha colpito è questa: “per farcela, dovremmo, soprattutto come classi dirigenti, vivere una stagione di grande discontinuità psicologica, culturale, politica (…)”.Io penso che la politica abbia sbagliato sostanzialmente. Non c’è stata una proposta politica forte, convincente e motivante e una delle colpe della politica è quella di aver alimentato una cultura della dipendenza, che è il contrario della cultura della responsabilità.
5) L’Oratorio svolge un ruolo importante nel campo della prevenzione educativa dei giovani e dei minori, spesso in territori di forte disagio sociale. In quasi tutte le Regioni italiane gli oratori sono riconosciuti e sostenuti. Lei condivide la proposta di riconoscere gli Oratori in Puglia con una Legge Regionale ad hoc? Non so rispondere tecnicamente alla legge pugliese che arriva o non arriva. Prendo atto. Non lo faccio perché sono di formazione cattolica, ma lo faccio con occhio neutro, che la rete degli oratori è una delle reti più forti che ci sono nel mezzogiorno quando si parla di sociale e quindi bisogna aiutarla a qualificarsi.
L’intervista di Giuseppe Cifarelli e Andrea Ursi
© “Finis Terrae”, Giugno 2013 n. 9 Aut. Trib. Bari n. 2131/2012 del 24.09.2012 http://issuu.com/terrae/docs/magazine_ft_giugno_2013?e=6481771/4127377